21 Giugno, il ritrovo è a Milano Malpensa Terminal 1, tutti siamo carichi e pronti per partire, questa volta i miei compagni di cordata sono Federico Secchi guida alpina di Valfurva e Gabriele Carrara guida alpina di Bergamo, con noi anche l’amico di vecchia data Ettore Zorzini, fotografo e quasi compaesano con cui ho già condiviso la spedizione in Pakistan alle Torri di Trango del 2022.
Il 22 mattina atterriamo ad Islamabad e il 23 con un volo interno raggiungiamo Skardu, fortunatamente tutti i sacconi arrivano a destinazione, in totale abbiamo 320 kg tra attrezzatura, cibo e vestiti.
Da qua parte l’organizzazione vera e propria, travasiamo qualche saccone nei classici bidoni blu da spedizione, ogni pezzo deve pesare 25 kg in modo che una volta ad Askole i porter e i muli avranno già i pesi suddivisi per il trasporto, in genere un porter trasporta 25kg mentre un mulo circa 75kg.
Il 25 partiamo per Askole, ci spettano 120 km che si percorrono in jeep in 8 ore, sempre se non ci sono inconvenienti…
Le strade sono pericolosissime ricavate sui lati di queste valli dove il terreno è molto friabile, sotto la costa cade sempre a picco sul fiume, per non parlare dei ponti che si rompono o vengono portati via da questi enormi torrenti che hanno una portata d’acqua incredibile.
Pensate che una volta giunti ad Askole ci hanno avvisato che uno di questi è crollato al passaggio di una jeep, se fossimo passati due ore dopo probabilmente non saremmo qua a raccontarlo, ci è andata bene!
Passiamo la prima notte in tenda ad Askole, da qua parte il trekking di circa 100 km che ci porterà al campo base.
Prima tappa Jhula, seconda tappa Paju, terza Khorbutse, quarta Gore II, quinta Concordia e per ultima il nostro BC (base camp) dei Gasherbrum.
Ogni volta mi stupisco di come facciano i muli a fare questi sentieri sconnessi, a percorrere le lunghe morene glaciali con tutto quel peso addosso, di tanto in tanto li vedi scivolare o incastrarsi in qualche buco, fanno quasi pena, ma d'altronde qua in queste valli vivono come in Italia 100 anni fa.
Persone povere, mangiano quello che coltivano e quello che allevano, abitano in case fatte di argilla e legno poco isolate, si accontentano di pochissimo, stupisce che nonostante il loro stile di vita quasi primitivo tutti abbiano uno smartphone.
Sono le 13:00 del 31 giugno, dopo 5 ore di lavoro con piccone e badile prepariamo le piazzole per le tende che ci accoglieranno per i prossimi 26 giorni.
Siamo a 5050 mt su una morena, sotto ai detriti solo ghiaccio, nonostante il CB sia lo stesso per il G1 e il G2, che sono due dei 14 8000 della terra non è molto affollato, siamo circa 10 spedizioni un po' da tutto il mondo. 0’
Il nostro progetto è la cresta Nord/Est del Gasherbrum IV salita nel 58’ da Bonatti e Mauri, fu un assedio di mesi, tra i nomi di spicco anche Cassin come capo spedizione, Fosco Maraini come fotografo e molti altri, con loro anche 420 portatori con cibo, attrezzatura e tutto l’occorrente. Fissarono con corde fisse quasi tutta la via, ma la salirono senza ossigeno! impresa incredibile ai tempi, infatti la via non è mai stata ripetuta, in realtà in cima al G4 sono state solamente 4/5 cordate, è una montagna complessa e difficile alta 7920 mt.
Per ora siamo stati fortunati, un giorno di riposo al campo base e subito il meteo è buono, ne approfittiamo per acclimatarci e saliamo al Campo 1 in comune con il G1 e G2, tutto sommato passiamo abbastanza bene la prima notte a 6000 mt.
La mattina seguente decidiamo di continuare, qua si presenta il primo problema, salire a 7000 mt senza attraversare la famosa seraccata, saliamo così un lunghissimo pendio sulla destra intorno ai 55° per ridurre i rischi, ma si rivela un fallimento, la stagione è secca e sotto la poca neve il ghiaccio è così duro che sembra marmo.
La progressione è lenta e faticosa, raggiungiamo i 6900 mt quasi in cima alla seraccata ma capiamo subito che non è la strada giusta, abbiamo sforato sulla tabella di marcia di parecchie ore.
Ci caliamo circa 200 mt e troviamo un piccolo e ripido spiazzo, con noi anche il parapendio ovviamente, diventato il mio compagno di avventure in montagna, parte essenziale del mio alpinismo, Da lì decollo e in breve torno al campo 1.
Rientriamo al campo base un po' delusi e ci è chiara una cosa, salire la seraccata è il modo più veloce e meno faticoso ma anche il più rischioso.
Nel 58’ andarono avanti e indietro per due mesi senza incidenti, ma col tempo le cose cambiano, infatti proprio lì morì un ragazzo Italiano nel 2018 nel tentativo di salire.
Tra di noi nascono pareri differenti, io prendo la mia decisione, non voglio attraversare la seraccata, quindi mi tiro fuori dai giochi quella non sarà più la mia salita mentre Fede e Gabri restano motivati e accettano il rischio.
Le visioni dell’alpinismo sono tante, è bello anche perché è vario, ma in ogni caso deve esserci l’accettazione del rischio perché non si può poi “piangere sul latte versato”. Ma penso anche che la fortuna gioca un ruolo fondamentale nella vita in generale non solo nell’alpinismo, e mi chiedo?
Quanti in Italia o nel mondo muoiono per incidenti sul lavoro? Dove la colpa o la decisione del momento non è nemmeno tua, quantomeno nell’alpinismo la scelta è tua, con consapevolezza di fare qualcosa che ami, una passione infinita che ti spingerebbe ovunque.
E quindi, ad ognuno la propria decisione..
Dall’8 all’11 il tempo è instabile, ne approfittiamo per riposare e rifocillarci, abbiamo un cuoco e un aiuto cuoco veramente bravi ogni giorno ci preparano piatti diversi, direi che quasi ci viziano, o forse è il mio punto di vista 😅 la loro cucina speziata a me piace molto, ma in realtà se uno non sa adattarsi le cose si complicano, in quota il corpo soprattutto la muscolatura deperisce velocemente e se non si riesce ad alimentarsi correttamente si compromettono le capacità fisiche.
Il 13 e il 14 sembra in arrivo una buona finestra per fare una rotazione di acclimatamento fino a 7000 mt, anche Fede e Gabri decidono di venire con me sul G2, scelta più facile e meno pericolosa.
Il 13 partiamo verso le 3:00 di notte dal CB e verso mezzogiorno raggiungiamo il Campo 2 a 6500 mt saltando campo 1. Purtroppo la sera il meteo cambia e inizia a nevicare, le previsioni erano completamente sbagliate, ma non solo le nostre, con noi c’erano altri 5 ragazzi francesi con cui avevamo comparato diversi modelli meteo. La neve si accumula e non ci resta nient’altro da fare che aspettare, continuare a salire per raggiungere il campo 3 a 7000 mt sembra impossibile.
Io ho deciso di lasciare a campo 2 cibo e attrezzatura per tentare la cima ed il decollo da essa a 8030mt nella prossima finestra.
Nel frattempo aspettiamo una piccola tregua che ci viene concessa verso le 10 di mattina, ne approfittiamo per scendere e in quel breve spiraglio di sereno riesco anche a decollare e scendere un pezzo in parapendio, risparmiando ginocchia e fatica.
Dal 15 al 18 il vento in quota resta da Sud/Ovest il che sembra portare instabilità, 4 giorni di CB e riparte la solita routine:
Colazione, allenamento al trave per le dita + flessioni, pranzo, riposino pomeridiano con film, e cena. I giorni passano lenti ma allo stesso tempo veloci, è come essere in un'altra dimensione, condividiamo il campo base con altre spedizioni tra cui Charles Dubouloz e Symon Welfringer due amici francesi anche loro qua per il G4.
Il tempo passa inesorabile e i giorni a disposizione per noi sono sempre meno, la seraccata centrale del G4 di tanto in tanto scarica, ormai anche Gabri e Fede sembrano avere abbandonato il progetto iniziale.
meteo non è dalla nostra parte, probabilmente è una stagione sfortunata, di fatto tutte le agenzie commerciali con clienti per il G2 hanno smontato i campi alti e sono rientrati a casa in anticipo.
Dal 19 finalmente torna un poco di stabilità, qua ci dividiamo, io e Gabri andiamo al campo 2 del G2 per recuperare la mia attrezzatura e per volare, mentre Fede e Ettore si fermano al campo 1 per fare foto e video.
Partiamo verso l’una di notte dal campo base, ci sentiamo abbastanza bene, attraversiamo il lungo labirinto glaciale di quasi 9 km e raggiungiamo campo 1, facciamo un po' di acqua, una breve colazione e ripartiamo, vogliamo sfruttare il rigelo notturno.
Verso le 9 raggiungiamo campo 2 a 6600 mt il sole è nascosto dietro ad uno strato alto di nuvole, ci rilassiamo un attimo ed iniziamo a “battere” il decollo perché la neve ha iniziato a mollare con il caldo, si sfonda fino alle ginocchia e lo spazio è davvero limitato, inoltre il vento è nullo.
Ci confrontiamo un attimo, l’unica soluzione è: correre! veloce anche…
Decollo prima io tutto fila liscio e mi godo il rientro dall’alto, dietro di me il Gasherbrum 1 alto 8080 mt, atterro a 5 mt dalla tenda al CB, perfetto direi! dopo 10 minuti vedo arrivare anche Gabri che atterra nel ghiacciaio a fianco della morena. Magra consolazione l’ultimo volo in questo magnifico posto, Ettore e Fede sono al campo 1, aspettano sera per fare degli scatti al tramonto, il giorno seguente scendono e ci raggiungono al campo base.
È il 22, ricontrolliamo la meteo e puntualmente in arrivo 7 giorni di brutto tempo, non ci resta altro da fare che smontare il CB con qualche giorno di anticipo, a malincuore non abbiamo alternative visto che non possiamo posticipare il volo.
Organizziamo tutto, i muli e i porter torneranno dalla stessa via dell’andata mentre noi attraverseremo il Gondogoro La, un passo alto 5500 mt che ci farà risparmiare 3 giorni di viaggio. Oltre che far meno chilometri è anche un modo per vedere una valle diversa, passiamo sotto il Laila peak, una montagna veramente unica a livello estetico, una pinna squadrata di quasi 7000 mt. Da lì prendiamo per Hushe, poi per Khaplu, il paese nativo del nostro aiuto cuoco un ragazzo di 26 anni molto in gamba e sveglio che ha piacere di farci visitare il suo paese natale.
Anche se non abbiamo raggiunto il nostrio obbiettivo torno a casa contento, sempre arricchito di nuove esperienze e nuove conoscenze. Eppure tutti sulla terra vivono - vivono a loro modo - c’è sempre qualcosa da imparare!
D'altronde come dico sempre, noi non siamo altro che il riflesso delle nostre esperienze.